Post di Luca Lombroso n.9 | 24 febbraio 2015
Ripassiamo in questo post gli obblighi che ha il nostro paese in base ai vari trattati internazionali scaturiti dalle Conferenze sul clima e da direttive Europee. Il protocollo di Kyoto, uscito dalla COP 3 nel 1997, è stato il primo passo in questa direzione, e prevedeva per il nostro paese un target di riduzione del 6.5% delle emissioni di gas serra avendo come riferimento base il 1990 e come confronto il periodo 2008-2012. Purtroppo questo pur semplice obiettivo, raggiungibile anche attraverso semplici buone pratiche ambientali di efficienza e risparmio nell’uso dell’energia, non è stato centrato dal nostro paese.
Non mi addentro oltre, e guardiamo al futuro: l’unione Europea nel 2008 ha varato il pacchetto clima energia che ha l’obiettivo, al 2020, della riduzione del 20% delle emissioni serra portando al 20% l’uso di fonti rinnovabili sul totale dei consumi energetici e migliorando del 20% l’efficienza energetica. Può sembrare un obiettivo ambizioso, ma in realtà abbiamo già tutte le tecnologie necessarie per raggiungere questo obiettivo, in realtà già oggi non ci siamo lontano, in parte per la crisi economica che ha causato, non per virtù ma per necessità, massicci cali dei consumi energetici ma in parte anche perché molte realtà e molti paesi già stanno agendo massicciamente in questa direzione. Sempre l’Unione Europea ci informa che questa è anche una grande opportunità per l’economia e le imprese un po’ in tutti i settori, vedasi in questo interessante video che propongo di frequente nelle mie conferenze.
Dunque, al 2020 l’obiettivo europeo è un taglio del 20% delle emissioni serra, ma per l’Italia l’obiettivo, vincolante, è più basso, al 17%. Un obiettivo anche questo senz’altro raggiungibile, e che rappresenta una grande opportunità per la ripresa economica, voglio dunque qui riprendere e citare due frasi:
«Il pacchetto che proponiamo non soltanto risponde a questa sfida, ma dà la giusta risposta al problema della sicurezza energetica e rappresenta un’opportunità̀ che dovrebbe portare alla creazione di migliaia di nuove imprese e di milioni di posti di lavoro in Europa. Un’opportunità̀ che dobbiamo cogliere al volo.»
Manuel Barroso, ex Presidente (2004-2014) della Commissione Europea al varo del pacchetto clima-energia
«Governi, le industrie e le imprese di tutto il mondo devono capire che non solo è possibile e urgente affrontare con successo il problema del cambiamento climatico e quel che significa per l’umanità, ma anche può essere ottenuto combinando la crescita delle loro economie e riduzione dei livelli di povertà nelle loro società.»
Felipe Calderón, Presidente del Messico durante la COP16
Ora si va oltre, l’Unione Europea infatti, consapevole da un lato dei problemi di dipendenza energetica dall’estero e spesso da paesi politicamente instabili e dall’altro del fatto che i cambiamenti climatici colpiranno l’Europa più di altre zone del pianeta, ha presentato, al consiglio europeo dello scorso 23-24 ottobre, il nuovo piano 2030 OBIETTIVI CLIMA-ENERGIA PER UNA ECONOMIA EUROPEA COMPETITIVA, SICURA E A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO che prevede al 2030, una riduzione del 40% delle emissioni dei gas serra. Obiettivo ancora più ambizioso ma anche questo a portata di mano e grande opportunità economica. Cosa importante, per raggiungerlo ogni comparto e settore deve agire in questa direzione, perché nessuno è esente dalle responsabilità ma soprattutto nessuno è immune dai danni dei cambiamenti climatici.
Detto questo, proviamo a vedere lo storico delle emissioni dell’uso diretto di energia (principalmente dunque per il riscaldamento domestico) del settore residenziale, estratte dal dettagliato inventario dei gas serra di ISPRA, l’istituto Superiore di protezione e ricerca sull’ambiente.
Rispetto ad altri settori che hanno visto ampi miglioramenti di efficienza energetica e cali anche consistenti delle emissioni, come nel settore elettrico e in quello delle emissioni industriali, nel settore residenziale le fluttuazioni appaiono più legate all’andamento stagionale, tanto che i macrosettori residenziale e servizi hanno registrato, nel periodo 1990-2012, un aumento dell’8.2% delle emissioni secondo ISPRA. Complessivamente l’Italia, a fronte dell’obiettivo di Kyoto del taglio del 6.5%, nel periodo 2008-12 ha visto le emissioni calare del 4.6%, dunque per colmare il gap il nostro paese dovrà acquistare, cosa che personalmente ritengo peraltro immorale, “crediti di carbonio” nel mercato degli scambi (ETS Emission trading) della CO2, con costi non indifferenti per le casse pubbliche.
Molto meglio sarebbe stato investire in maggiori incentivi per l’efficienza energetica. C’è dunque tanto da fare, sia sulla riqualificazione del patrimonio esistente, da cui ovviamente provengono le emissioni di questo grafico, sia sulle nuove costruzioni.