Post di Luca Lombroso n.16 | 27 ottobre 2015
Fervono le attese per la 21a Conferenza delle Parti (COP 21) che si svolgerà a Parigi dal 30 novembre all’undici dicembre 2015. L’attesa sul vertice di Parigi (per ripassare cosa sono le COP vedi nel post “Verso Lima”) è alta in quanto è a questo appuntamento che sono riposte le attese per cercare un accordo di forte riduzione dei gas serra, finora non raggiunto (salvo Kyoto, primo importante passo, ma ampiamente insufficiente) nei precedenti 20 appuntamenti.
Dopo la delusione e fallimento del vertice di Copenaghen 2009, l’approccio delle Nazioni Unite è cambiato: non più “top down”, cioè un accordo “imposto” dall’alto dove gli Stati membri negoziano e sottoscrivono impegni ben precisi indicati in una tabella, ma “bottom up”, dal basso. Vale a dire, le Nazioni del mondo si presentano a Parigi con le loro “promesse di riduzione” volontarie. Praticamente, questi sono chiamati INDC (Intended Nationally Determinate Contributions), che sono stati, finora, presentati secondo scadenze prefissate da 148 Nazioni che rappresentano l’85% delle emissioni globali. Per l’Unione Europea, ne avevamo parlato, l’impegno è di riduzioni del 40% entro il 2030 e rispetto al 1990. L’impegno USA è del 32% ma rispetto al 2005 fino al 2025 e quindi diventa solo del 4% rispetto al 1990. C’è anche la Cina, il suo impegno sembra notevole, ma non è in termini assoluti bensì di “intensità carbonica”. I paesi in via di sviluppo invece usano come riferimento lo scenario “BAU, business us usual”, cioè non alle emissioni totali (che sono quelle che contano per il clima) ma alla crescita che ci si aspetterebbe nel futuro.
Insomma, un approccio non chiaro, piuttosto contorto e burocratico, così alcuni siti e ONG come Climatetracker si sono presi la briga di valutare, e giudicare, gli impegni delle varie nazioni. Risulta così che l’unica nazione “adeguata” è il piccolo Stato tibetano del Bhutan; sufficienti, gli impegni di Costa Rica, Etiopia e Marocco, mediocri quelli di Europa, USA, Cina, India e altri e inadeguati quelli di alcune grandi nazioni come Canada, Australia e Russia. Ma quel che più conta, con questi impegni non si starà entro i famigerati “2°C di soglia di sicurezza”. Ricordo, infatti, che i 2°C (entro il 2100 e rispetto l’era preindustriale) sono indicati in vari documenti UE, ONU e raccomandati dalla Banca mondiale per il bene stesso dell’Economia.
A seconda del metodo di calcolo e dei modelli utilizzati, con gli impegni attuali il riscaldamento globale potrà essere fra 2.7 e 3.5°C, valore “incompatibile con la società globale interconnessa”. Occorre quindi lavorare ancora sia sul piano negoziale, perché serve un quadro normativo chiaro di scelta fra un mondo “BAU” basato sui combustibili fossili (dannosi per clima e ambiente e destinati ad esaurirsi) e un mondo “post carbon”, che oltre ad essere amico dell’ambiente rappresenta anche un’opportunità per economia e occupazione.
Serve anche, però, un cambiamento sociale e di comunità. Le Nazioni Unite contano molto sul livello subnazionale, ed è da qui, oltre che dalle comunità (come le città di transizione) che vengono le buone notizie e i segni di speranza.
Due, su quest’ultimo fronte, le ultime notizie che danno un segno di speranza. La prima, la Regione Emilia Romagna che ha deciso di sottoscrivere l’impegno volontario “Under 2 MOU” (Subnational global climate leadership memorandum of understanding), un accordo nato su proposta della California e della regione tedesca del Baden-Württemberg a cui hanno già aderito 46 istituzioni e che impegna, volontariamente e senza vincolo legale, i firmatari a ridurre le emissioni tra l´80 e il 95% rispetto al 1990 entro il 2050.
A fianco alle Istituzioni, è poi anche la società a doversi muovere e sensibilizzare, e soprattutto agire. Così, un gruppo di “pellegrini del clima” ha intrapreso un lungo cammino da Roma a Parigi, a piedi, perché solo così si può incontrare la gente e le persone, sensibilizzarla e raccogliere i loro messaggi da portare ai leader che si riuniranno alla COP 21. Non delegando però a loro l’azione, ma agendo nel contempo dal basso. Fra i pellegrini, che potete seguire nei social network con hashtag #peoplespilgrimage #unaterraunafamiglia #ognipassoconta, Yeb Sano, ex vice ministro e capo negoziatore delle Filippine alle conferenze sul clima, noto un suo commovente discorso alla conferenza Varsavia 2013 per la concomitanza di un devastante tifone che colpì proprio le Filippine.
I pellegrini, partiti da Roma dove hanno incontrato Papa Francesco, e ispirati anche dall’enciclica Laudato Si sono passati anche da Modena, dove li ho accompagnati in un tratto di cammino verso Reggio Emilia. Ora proseguono verso Milano, Torino, Aosta e quindi Parigi, dal sito FOCSIV potete seguire il pellegrinaggio e se volete e potete unirvi o supportarlo.
Confesso che ero invogliato di proseguire con loro fino a Parigi, perché camminando si parla e si incontra gente. Mio malgrado, per i troppi impegni di vita e di lavoro, a Parigi ci andrò ma in aereo (ci sarebbe di che parlare delle emissioni del settore aereonavale, 5% del totale e fuori dai negoziati), parteciperò in particolare alla seconda settimana di negoziato, ma anche ai vari side events, così da vedere e poi raccontarvi cosa viene fatto in giro per il mondo di concreto nella mobilità sostenibile, nella produzione di energia, nella tutela foreste, riduzione dei rifiuti e naturalmente nell’efficienza energetica nel settore residenziale e negli edifici.