Post di Luca Lombroso n.5 | 17 dicembre 2014

Si è conclusa ancora una volta ai tempi supplementari la Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici di Lima (COP 20). Non sono bastati i 15 giorni in calendario, che dovevano terminare venerdì sera, e così il dibattito della plenaria conclusiva si è protratto addirittura fino alle 2 del mattino di domenica. Seguire la plenaria è sempre un’esperienza emozionante, stavolta come vi dicevo nel precedente post non ero là per ragioni logistiche, di costo e perché no di emissioni di CO2 indirette dovute al lungo volo transoceanico, che sarebbero state di oltre 2 tonnellate, quanto un anno di uso del riscaldamento in un appartamento trilocale non performante energeticamente.

Dopo 2 settimane di negoziati, ma anche dei consueti side event, i seminari tematici di alto livello dunque non si è trovato l’accordo sul documento inizialmente proposto che doveva condurre verso Parigi, ma è fuoriuscito un breve, benchè incisivo, documento, la “Lima Call for Climate Action”. Un documento insomma dove le Nazioni Unite fanno un richiamo sostanzialmente a se stesso e ai propri membri per l’azione del clima, mi colpisce questa frase: «Prendendo atto con grande preoccupazione del notevole divario tra il totale complessivo delle offerte di riduzione delle emissioni annue di gas serra entro il 2020 e le traiettorie delle emissioni totali coerenti con l’avere una probabile di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2° C o 1.5° C rispetto ai livelli pre-industriali», dove in sostanza si prende atto che siamo lontani, malgrado l’accordo USA-Cina  e i buoni intenti dell’Unione Europea, dall’obiettivo di contenere i cambiamenti climatici.

Buona la presenza dell’Italia, a partire dalla rappresentanza governativa, col Ministro Galletti che ha parlato anche a nome dell’Unione Europea, dichiarando fra l’altro che ci vuole un’economia che consumi meno risorse e produca meno rifiuti, come presidenza di turno, poi varie  ONG, oltre a quelle ambientaliste, fra gli altri cito gli amici Federico e Veronica di  Italian Climate Network nel cui sito trovate molti resoconti, il giovane Federico di Adoptanegotiar che ha portato avanti l’“equità intergenerazionale” nonché la fondazione Lombardia per l’Ambiente con cui gli scorsi anni ero in delegazione, mentre assenti purtroppo i grandi media, ma con la presenza di due amici giornalisti free lance Italiani, Daniele e Lou.

In sostanza, però si è deciso che si deciderà a Parigi se adottare un accordo, o protocollo con forti e drastiche riduzioni di emissioni, dove però, da indiscrezioni, difficilmente ci saranno vincoli legali come fu per il protocollo di Kyoto ma saranno gli stati a dover comunicare, già entro marzo prossimo, le loro intenzioni di riduzione. Insomma, un approccio dal basso e non dall’alto come fu per Kyoto, anche se il “dal basso” non è inteso dalla gente bensì dagli stati, che, va detto, difficilmente assommeranno a quantità di tagli di gas serra sufficienti, 40-70% al 2050 e addirittura azzeramento delle emissioni al 2100.

Per chi vuole approfondire, metto a disposizione alcuni link di approfondimento, sia di chi vede passi avanti che di chi vede il fallimento, e dove trovate anche le analisi di altre parti, più tecniche, degli accordi di Lima, come sul fondo climatico verde e sulla gestione delle foreste.

lascio a voi, ma soprattutto alle giovani e future generazioni, giudicare se, appunto, è un successo o un fallimento. Quello che è certo, è che non possiamo aspettarci grandi decisioni da Parigi.

La differenza, a mio avviso, la possiamo fare noi, cittadini e comunità, nonché gli enti locali (Modena aderisce al Patto dei Sindaci per il Clima, anche di questo ne parlerò) ed anche il settore privato, a cui da Lima è venuto un forte richiamo, ricordo al proposito questa frase che disse, alla COP 16 del 2010 in Messico, il presidente Calderon:

I Governi, le industrie e le imprese di tutto il mondo devono capire che non solo è possibile e urgente affrontare con successo il problema del cambiamento climatico e quel che significa per l’umanità, ma anche può essere ottenuto combinando la crescita delle loro economie e riduzione dei livelli di povertà nelle loro società.

Dobbiamo e possiamo attivarci, non solo nei comportamenti individuali ma anche facendo “massa critica” e cambiando paradigma. Io per esempio ho da pochi giorni in funzione il mio fotovoltaico, di cui vi parlerò nel prossimo articolo, e i primi kWh mi hanno dato più euforia del rombo di un’auto o moto sportiva.

Foto cortesia IISD Reporting Service