Post di Luca Lombroso n.2 | 23 ottobre 2014

Dopo l’ultimo post, avevo in programma di approfondire, come vi avevo preannunciato, il tema delle emissioni serra del settore del residenziale. Visti i recenti fatti di cronaca, credo sia il caso di continuare il percorso dei quattro (ri) passi del clima e di affrontare il tema dell’impatto dei cambiamenti climatici ed in particolare l’aspetto che riguarda l’aumento degli eventi meteorologici estremi.

La domanda che viene spontanea, di fronte a disastri e alluvioni a ripetizione come a Genova, a Parma, in Maremma, per non parlare dell’alluvione dello scorso gennaio 2014 nel Modenese è: sono dovuti ai cambiamenti climatici?

Da un punto di vista strettamente scientifico, il singolo evento non può essere attribuito ai cambiamenti climatici. Tuttavia, il ripetersi di eventi disastrosi come gli ultimi è proprio quello che ci si aspetta fra le tante conseguente negative (poche, ed effimere, quelle positive) del global warming. Non a caso, in occasione dell’uragano Sandy che colì New York nel novembre 2012, la rivista Bloomberg Business week intitolò “It’s Global warming stupid”.

La  ricerca fa passi avanti e così cominciano ad emergere evidenze statistiche che dimostrano come su alcuni eventi estremi in giro per il mondo c’è stato lo zampino dei cambiamenti climatici. Per esempio nella timeline degli eventi estremi del 2013, basata su un approfondito rapporto della AMS, american Meteorological Society, scopriamo che i cambiamenti climatici hanno giocato un ruolo determinante nella siccità estiva della Nuova Zelanda, il caldo estremo in Australia, le abbondanti piogge autunnali negli  USA, le estati roventi in Europa, Corea del Sud e Giappone, solo per fare alcuni esempi. Più incerto, o non presente, il ruolo in altri eventi estremi.

Sarebbe senz’altro interessante fare un’analisi analoga sugli episodi avvenuti in Italia, ma è un lavoro, oltre che complesso, che richiede tempo. Provo dunque, senza alcuna pretesa di rigore scientifico, a riflettere e a fare alcune osservazioni; l’alluvione del modenese era avvenuta in gennaio, mese in cui normalmente in montagna dovrebbe nevicare, invece si ebbero piogge torrenziali e la temperatura media del mese a Modena, 6.4°C, fu simile a quella del novembre 1966, in cui   oltre che l’alluvione di Firenze anche Secchia e Panaro inondarono il nostro territorio. Ovvero, il gennaio di quest’anno si è comportato in modo autunnale anziché invernale. Certo, la causa dell’esondazione del fiume è stata la rottura dell’argine, ma deve far riflettere che mai, a gennaio e in pieno inverno, ci furono alluvioni così estese e disastrose nel nostro territorio.

Più complesso il discorso a Genova, città che paga errori di pianificazione e urbanistica che risalgono, addirittura, ai principi del 1900, quando furono tombati e chiusi i fiumi. Le piogge, senz’altro abbondanti, non sono state da record assoluto. Ciò nonostante, sono convinto che le piogge intense che l’hanno determinata, seppur non da record, sono diventate più frequenti del passato.
Nell’alluvione di Parma, determinanti le piogge torrenziali in breve tempo, con 225 mm in 6 ore a Marra, in Appennino, mai tanta pioggia in così breve tempo. Dunque, aumentano o no, le piogge intense?

Analizzare approfonditamente i dati richiede molto tempo e lungo lavoro, vi presento quindi una semplice analisi che mostra chiaramente quello che sta succedendo. L’ho ricavata dalla tools trends di google, e direi che è eloquente come le ricerche in google della parola chiave alluvione è particolarmente fitta negli ultimi 2 anni, con una vera esplosione nel 2014, con ben 8 alluvioni che hanno, come si dice in gergo “bucato il video”.

Certo, la mia è una analisi sommaria e poco rigorosa dirà qualcuno, ma non possiamo attendere che la statistica diventi sufficiente per agire, oltre che sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, anche sull’adattamento, ovvero oltre che ridurre le emissioni per limitare il riscaldamento che ci sarà in futuro, convivere con la nuova situazione che l’uomo stesso ha creato. Si comincia a parlare, oltre che di case passive, anche di case resilienti. Una nuova sfida per il futuro.